| LUCA GIURATO "VORREI UNA STRISCIA QUOTIDIANA SU RAIUNO" Ecco una interessante e soprattutto divertente intervista che Il Giornale stamane propone a riguardo di Luca Giurato, lo stravagante giornalista, che reduce da tante conduzioni di Uno Mattina e del suo recente abbandono alla trasmissione, si propone, in cerca di collocazione, in una striscia quotidiana informativa. E se fosse proprio giurato l'uomo giusto per quei 5 minuti che RaiUno, da palinsesto, dovrebbe dedicare all'informazione?
«Le mie gaffe? Tutte vere... Sono un po’ rimbambito»
Caro Luca Giurato, quanti Tapiri ha collezionato in carriera?«Cinque o sei, ma sono stato il primo, e me ne vanto, a ricevere quello di platino con la corona tappezzata di diamanti».
Lei ci fa o ci è?«Ci sono. Non ci sono nato ma diventato».
Quindi le sue storiche gaffe sono tutte spontanee?«Assolutamente sì. Qualche volta, in dieci anni di dignitosa militanza, capita di essere un po’ rincoglioniti o distratti. La sveglia all’alba ha questi effetti».
La gaffe più memorabile?«Ai miei inizi televisivi. Nella rassegna notturna dei giornali inventata da Vespa, parlando col vicedirettore del Corriere della Sera, credo fosse Giulio Anselmi, mi scappò un Corriere della Sorca. E non me ne accorsi. Il giorno dopo nel Tg1 delle 13.30, Lilli Gruber, lanciando un servizio della collega Daniela Tagliafico, la chiamò Daniela Tagliafica. Dandomi una mano involontaria. Un grande connubio che ovviamente finì su Striscia».
Ti sei mai vergognato?«Un paio di volte. Quando non mi ricordai la data dell’11 settembre e quando fui morso da un cane e mi scapparono delle parolacce in diretta».
Si prepara sugli ospiti?«In genere improvviso tutto, a meno che si tratti di argomenti che non conosco».
Tipo?«Le scienze. Una volta definii Margherita Hack astrologa anziché astrofisica. Mi fece un cicchetto terrificante in diretta. Ci ha messo anni a perdonarmi».
Un ospite che ha rifiutato di venire da lei?«Non mi risulta. Anzi, uno sì, Bassolino, ma non l’avevo contattato direttamente io. So che si era infuriato perché l’avevo più volte invitato a dimettersi. Io ero a disposizione per una sua replica. Ma lui mi fece sapere che l’intervista non l’avrebbe mai data. Mi è spiaciuto, ma non ci ho certo perso il sonno. E dire che io intervisterei chiunque: vado pure da Bin Laden, che vorrei vedere morto, sui monti dell’Afghanistan».
C’è qualche invitato che se l’è presa per una sua gaffe?«Macché. C’è perfino chi sorride se gli storpio il nome. Una rarità in un Paese privo di autoironia. Si vede che risulto simpatico e si accorgono che sono sincero, il mio è un contagio positivo. Lo vedo dalle scolaresche che visitano Saxa Rubra».
Si sente più giornalista o uomo di spettacolo?«Giornalista. E dire che avevo un padre diplomatico contrarissimo».
Lei ha avuto una lunga carriera nella carta stampata. Paese sera, Stampa sera, Stampa. Come ha cominciato?«Come vice critico cinematografico nel 1961. Finché recensendo Un giorno da leoni di Nanni Loy, scrissi che la Resistenza è stata patrimonio anche dei cattolici, non solo dei comunisti. Al mio posto presero Dario Argento»
Quante lingue parla?«Quattro. Male l’italiano; benissimo, almeno da ragazzo il francese, ho fatto un anno di università a Losanna, poi ho dovuto scappare per non sposarmi; quindi lo spagnolo e l’inglese, o meglio l’americano»
Laurea?«No, in polemica con mio padre. Ho frequentato tre facoltà, ho dato un sacco di esami, ma non sono dottore».
NON è LAUREATO
E MENO MALE
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