IL RICORDO di mina e celentano!
Ascoltai Billie Jean e capii: è un re
Poi le accuse l’hanno massacrato
di ADRIANO CELENTANO
Dentro di me, Michael Jackson è esploso quando dall’album di Thriller sentii per la prima volta Billie Jean. Rimasi colpito oltre che dal suo modo di cantare originalissimo, dall’innovativo arrangiamento di Quincy Jones. Geniali gli archi in controtempo a una ritmica scarna dove il basso, in primo piano, la faceva da padrone a sottolineare che stava per arrivare un Re. Già dall’introduzione, infatti, prima ancora di udire la sua voce, ebbi la strana sensazione come se quel basso dall’aria un po’ ossessiva e quegli archi che come in punta di piedi gli facevano da controcanto, fossero la sua voce. Quasi come ad annunciare: «Ragazzi sono arrivato… per un po’ di tempo ci sarò io…». E lui c’è stato. Le note di quell’introduzione erano il preludio di un qualcosa che stava musicalmente accadendo. Poi arriva la sua voce. E alla fine di quel brano, prima ancora di sentire il resto dell’album, avvertivo già il fragore di un uragano che si sarebbe propagato per tutta la terra.
Settecentocinquanta milioni di dischi venduti. E ora, tutti lì a domandarsi chi l’ha ucciso. La diagnosi di arresto cardiaco, una banalità che dimostra quanto puerili possano essere la fantasia di chi viene colto in errore o l’incompetenza non certo degna di un medico, se si è esagerato nell’iniettare una medicina alla quale si era già assuefatti. Sono appena 48 ore da quando Michael è morto e la parola complotto ha già fatto il giro del mondo.
Ma il vero assassino è davanti a noi, è lì che ci guarda, lo incontriamo tutti i giorni quando andiamo a comprare il giornale o quando guardiamo la televisione. Si può dire che l’assassino ce l’abbiamo in casa, gli diamo da mangiare, da dormire, però non facciamo niente per educarlo a non uccidere. Facciamo finta di non vederlo e ci guardiamo bene dall’inc....arci se la notizia che esce dal piccolo schermo sulla piena assoluzione di Michael Jackson non ha lo stesso risalto di quando invece, per anni, lo hanno infamato accusandolo di molestie sessuali. Per dieci anni i «criminalmedia» lo hanno massacrato nonostante lui si dichiarasse innocente e nonostante nessuna prova sia mai emersa. Lo hanno distrutto, devastato, piegato in due. E quando finalmente avevano l’opportunità di farlo rialzare per il giusto riscatto di fronte al mondo, i media cos’hanno fatto? Gli hanno dato l’ultimo colpo di grazia: hanno detto «Michael Jackson è stato assolto». Ma lo hanno detto talmente a bassa voce che la pugnalata infertagli dai media stavolta è stata fatale.
Con l’animo ancora grondante di sangue ha cercato allora di dar voce a quell’innocenza finalmente riconosciuta, in un modo diverso e come sempre geniale. Lo sforzo era sovrumano. Doveva raccogliere le sue ultime forze ormai sbrindellate dalla micidiale macchina del consumismo e così ha annunciato il suo ultimo incontro con i milioni di fan che si sono scapicollati per avere i biglietti ed essere presenti in uno dei 50 concerti-evento a Londra. Per cinquanta giorni avrebbe cantato, divertito e giocato con chi lo ha sempre amato e non ha mai dubitato della sua innocenza. Avrebbe parlato al mondo di quella verità che i media hanno vigliaccamente omesso. Ma il mondo ora lo ha capito!...
http://www.corriere.it/spettacoli/09_giugn...44f02aabc.shtmlDi Mina:
....dalle pagine de "La Stampa" di oggi....
Un bambino d'oro e di paura - di Mina - La Stampa 27.06.2009
Se ne è andato un bambino. Che, probabilmente, non è mai stato veramente felice. Un bambino di cinquant’anni. Che non trovava pace nella continua ricerca di modificarsi per unificarsi a un modello che, forse, nemmeno lui aveva ben chiaro. Tante facce, troppe facce e nessuna definitiva, nessuna serena. Se ne è andato un bambino. E con lui se ne è andato il suo talento. Adesso, quelli della musica «dotta», sia classica che jazz, riusciranno a valutare il suo lavoro più serenamente.
Lo avevano soprannominato il re del pop. Termine vagamente derisorio se non dispregiativo col quale si usa definire la corrente musicale di carattere commerciale. Ma lui immagino che ne andasse fierissimo. Era esattamente quello che voleva. Arrivare diritto al cuore di tutti. E il bambino che se ne è andato, lì è arrivato e lì rimarrà. Nonostante la sua storia personale molto dura. Un padre violento che lo segnerà e atterrirà per sempre togliendogli dalla faccia e dal cuore anche il più piccolo segno di spensieratezza. Michael lo aveva dolorosamente svelato prima nella sua autobiografia Moonwalk, poi ne aveva parlato, fino ad arrivare alle lacrime, nell’intervista televisiva di Martin Bashir, nel 2003, dove raccontò che il padre, durante le prove o le sessioni di registrazione, ad ogni errore lo picchiava con la cintura o con qualsiasi altra cosa gli capitasse sotto tiro. Una notte, mentre lui dormiva, il padre piombò nella sua stanza da letto dalla finestra indossando una maschera terrorizzante e urlando a squarciagola. Da allora Michael soffrì di incubi e visse nel terrore che qualcuno lo rapisse.
Non c’è bisogno di scomodare Sigmund Freud per capire che da quel lungo trauma non è mai guarito. Le cifre della sua carriera sono fantasmagoriche, le più alte in assoluto sia come numero di spettatori che come numero di dollari percepiti. Eppure il bambino se ne è andato lasciando un mare di debiti. Un mare di chiacchiere. Un mare di delicati problemi legali. Un mare di parassiti. Un mare di enigmatica equivocità. Ma la musica, purtroppo o per fortuna, la musica non prende in considerazione alcuna piccolezza terrena, la musica rimane al di sopra delle teste dei suoi portatori, la musica svincola dalla storia umana. E il bambino che se ne è andato lascia dietro di sé l’oro della sua arte e il disegno animato delle sue sembianze fisiche.